Cambiare lavoro, forse mai

Diventa sempre più dura riuscire a stare chiusa per ore e ore dentro il mio ufficio, con la testa un po' china di fronte a un PC e alle scartoffie che affollano la scrivania. C'è tanto da fare mentre la mia mente tenta di allontanarsi e si rifugia disperata in un mondo parallelo, nel quale il lavoro possa essere una passione, l'espressione di una creatività che, per quanto non troppo sviluppata, comunque esiste.
Non sono certa di cosa mi piacerebbe fare, certamente scrivere, ma non sono abbastanza brava perché qualcuno mi paghi per questo...e allora cosa? Magari gestire un'attività tutta mia, darmi al commercio, in uno spazio da personalizzare, organizzare, curare quotidianamente per renderlo accogliente e interessante. Un negozio di scarpe, si, mi piacerebbe gestire un negozio di scarpe!
So che qualcuno troverebbe la cosa davvero poco creativa, un controsenso rispetto a quanto detto prima, ma io no. Scegliere le calzature da presentare, creare una selezione di articoli interessanti e lavorarci intorno...sarebbe stimolante. E certamente sarebbe uno spazio ben diverso da quelli che vedo in giro e che non mi soddisfano mai.
Adoro le scarpe, eppure difficilmente ne trovo che mi facciano impazzire, che, al di là del costo magari proibitivo, mi restino impresse nella mente almeno sotto forma di desiderio. Forse dovrei proprio disegnarle da me queste scarpe...ma allora il sogno diventa utopia, tanto vale non pensarci neppure!
E poi la verità è che non troverei mai, se non supportata da solide basi economiche, al momento assenti, il coraggio di lasciare questo posto di lavoro.
Sarei pazza a rinunciare a un contratto a tempo indeterminato e nel settore pubblico per di più, questo direbbe chiunque! E in effetti non sono certo una persona tagliata per il rischio e l'avventura.
Ho sempre cercato certezze nella vita, in tutti i campi, ed è forse anche per questo che sono qui. Ciò non toglie che mi sia impegnata fino in fondo per ottenere quello che ho, che me lo sono guadagnato.
E infondo a me piace il mio lavoro, almeno è così per la maggior parte del tempo.
Sono un amministrativo, sono un impiegato, sono una che traffica con lettere formali, atti, con un po' di numeri.
Sono una che lo fa seriamente, riconoscendo dignità al lavoro amministrativo, nella convinzione che senza di esso, senza regole, tempi, applicazione delle norme, esisterebbe solo il caos.
Non sono così ordinata e precisa in tutti gli aspetti della mia vita ma sul lavoro ci provo, commetto errori, certo, rimedio come posso, comunque rispetto quello che faccio. Perché rispetto l'istituzione per cui lavoro. Rispetto tutte le istituzioni che ci rappresentano.
Non ho più l'età per l'anarchia e forse non l'ho neppure mai presa sul serio. Sono sempre stata una di quelle convinte che "essere di sinistra" significhi anche riconoscimento dello Stato come parte di noi, come nostra prima proprietà da proteggere, come prima casa da curare, come fonte di sostegno e protezione in caso di bisogno, come ridistributore di risorse e come garanzia dei nostri diritti.
La parola burocrazia è usata solo in senso dispregiativo ormai, ma la verità è che senza non potrebbe funzionare nulla.
E in effetti molte cose non funzionano, ma ci sarebbe tanto da dire sui motivi, che il più delle volte nulla hanno a che fare con quegli individui che coprono di vergogna tutto il comparto, quelli di cui si parla tanto nei TG, con tanto di filmati osceni su 10 cartellini  timbrati da uno solo e scene di corruttela dilagante e spiazzante.
Quanto vorrei vedere punite quelle persone, ma soprattutto allontanate da una pubblica amministrazione che davvero non merita di essere svilita e denigrata in questo modo.
Io faccio il mio lavoro, lo faccio meglio che posso, lo faccio perché quasi sempre credo nella sua utilità. Può darsi che il motivo principale che mi ha spinto a cercare lavoro nel settore pubblico sia stato il bisogno di stabilità, l'aspirazione alla continuità e alla possibilità di programmare la mia vita a medio-lungo termine, che non so farne a meno. Ma ora posso dire che questo lavoro lo rispetto e che ne colgo l'importanza, anche se sono solo un piccolo ingranaggio nel sistema.
Che brutte parole, direbbe qualcuno! Ma alla fine il sistema siamo noi, il sistema deve funzionare, il sistema ci deve dare le risposte di cui necessitiamo. Il sistema va riformato, adattato, snellito, reso più giusto e socialmente equo, ma di certo non credo vada smantellato e buttato alle ortiche tutto d'un pezzo.
E che palle, ma di cosa sto parlando? Alla fine sembra un inno al sistema... Eppure ho cominciato dicendo che vorrei tanto non dover tornare giorno dopo giorno in quell'ufficio...ed è davvero così.
Ma credo che lì dentro ci diventerò vecchia, per fortuna in piacevole compagnia...
Sono stanca, non basta andare al lavoro, ora parlo pure di lavoro!
Stop, svuota la mente Laura! Almeno finché Luca te lo consentirà.
Ed eccoci di nuovo a parlare di lavoro...l'altro lavoro...

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