Giocare con mio figlio, per favore, no.

Ogni donna sogna di avere dei figli, tanti bambini, di riempire le sue giornate di strilli, risate, giochi e abbigliamento in miniatura.
Che grande balla!
Forse è vero che, in molte donne, l'istinto materno è marcato e porta a desiderare la cucciolata da accudire o, se non fosse possibile, a sfogare sull'uomo di turno quell'istinto di cura e protezione che fa sentire realizzate in una sorta di ruolo materno fittizio. Forse tante donne vivono nel sogno della famigliola stile Mulino Bianco e pensano che solo sentendosi chiamare "mamma" saranno pienamente felici e realizzate. Forse...
Quanto è istinto e quanto convenzione? Quanto ci condizionano l'educazione, la letteratura, la TV, il bisogno di rispondere ad aspettative che sono di altri, che siano genitori, parenti, amiche, insegnanti e, secondo me più di rado, compagni o amici maschi?
Forse sono io quella strana, forse la genetica si è confusa ed ha scordato di installare nel mio DNA quell'istinto materno il cui richiamo non può essere ignorato! Oppure la verità è che non esiste un istinto materno, forse l'istinto di riproduzione...ma ho dubbi anche su quello.
Io comunque quell'istinto non ce l'ho! Io non ho mai sognato la famigliola da spot, non ho mai sentito la necessità di andare ad accarezzare e fare smorfiette e versi ridicoli  a bambini di conoscenti e, cosa, che ancora trovo allucinante, di perfetti estranei, magari per strada o al supermercato! Magari quella carezza, coi figli di amici e parenti, c'è pure stata, che altrimenti sarei sembrata un'aliena! Ma sinceramente non ne ho mai avvertito il bisogno o il desiderio sincero...molto più facile che avessi voglia di accarezzare un cane o un animaletto qualunque!
I bambini io li rispetto, sento di doverli proteggere, li vedo come piccole persone con i loro tratti caratteriali, già capaci di ispirare o meno simpatia, comunque sempre meritevoli di un sorriso.
Io credo che i bambini siano una nostra diretta responsabilità, che gli dobbiamo garantire sicurezza, amore e accettazione, sempre.
Io ho scelto e deciso di avere un figlio, io ho programmato l'avere un figlio.
Ho avuto la fortuna, che un tempo vivevo come una sfortuna, di nascere e crescere in una famiglia numerosa; una sorella e due fratelli che da bambina tolleravo e che adesso invece amo avere vicino. Sono cresciuta con una sfilza di cugini che, per quanto non sempre vicini, hanno riempito di gioia tutte le giornate di festa e di ritrovo. Io sono cresciuta con la certezza che la famiglia viene prima di tutto, che ne avrei avuto una tutta mia da annettere a quella già esistente. Io lo sapevo, soltanto non sapevo quando o non avevo voglia di stabilirlo.
Io ho vissuto la mia giovinezza lontana mille miglia da quel tipo di pensiero, interessata a mille cose, agli amici e all'amore ma con l'idea di un bel futuro fatto di casa, lavoro e famiglia ancora ben lontano, tutto da immaginare. 
Sono fuggita senza troppe spiegazioni ogni volta che ho fiutato desiderio precoce di famigliola felice in chi mi stava accanto, in chi doveva rappresentare l'avventura, la passione, la scoperta e poi invece assumeva le sembianze di una gabbietta scomoda e mai invitante.
Ancora oggi non riesco a capire questi giovani ventenni impazienti di cimentarsi nel ruolo del bravo genitore/marito/compagno (o equivalente femminile). Non ci arrivo. Ma a quanto stanno rinunciando? Ma sanno cosa significa giocare e divertirsi per sé, avventurarsi in nottate infinite, vivere gli amici fino a fondersi con loro in risate o pianto? Non sono tutti così, lo so, ma ai miei occhi sono troppi quelli che scelgono la via breve.
Resto convinta che la maturità sia importante in certe cose, che sapere che vivere con leggerezza le cose della vita le rendae più tollerabili o piacevoli non giustifica il fatto che si rinunci alla propria giovinezza e che poi, probabilmente, si viva di rimpianti da far pagare a qualcun altro.
Comunque io non ci pensavo proprio, se non in prospettiva, come sogno abbozzato e azzardato. Io la mia vita l'ho vissuta come ho potuto, come sono riuscita, che a ripensarci ci sarebbe stato molto altro da fare e da provare, con un pizzico di coraggio e intraprendenza in più che non avevo...
E quando io e Marco abbiamo cominciato a parlare di famiglia, per quanto follemente innamorata, ho chiesto tempo, mi sono assicurata che ci sarebbe stato tanto tempo, che non era quello il fine primario della nostra relazione. Ho avuto le rassicurazioni che cercavo e siamo andati avanti.
Anche vivere insieme e sposarsi per me non era un passaggio verso quel tipo di organizzazione, era solo la conferma e il rafforzamento della nostra relazione! E ci siamo regalati tanti anni di libertà, passione, divertimento smodato a volte... compatibilmente con la nostra vita lavorativa. Poi è diventato chiaro che, a parte la questione, purtroppo da considerare, dell'orologio biologico e del suo tichettare, per lui il desiderio di essere padre si faceva pressante, viveva nel timore di doverci rinunciare, nel sospetto che io magari stessi cambiando idea e temporeggiando per fare in modo che un figlio non arrivasse più...
Era crisi ormai. E allora ho dovuto guardare in faccia la realtà. Volevo un figlio, magari non allora, ma lo volevo. Ma se avessimo aspettato oltre forse non ci sarebbe mai stato. E' strano come ci si possa sentire giovani a dispetto dell'età e ancora desiderosi di libertà e immaturità. Ma l'età c'era e comunque non avrei potuto rinunciare a lui (e non ho ancora la certezza che, senza un figlio, sarebbe rimasto accanto a me pur amandomi) né negargli la gioia più grande e l'unica cosa che mi abbia mai chiesto! Abbiamo deciso e abbiamo fatto un figlio, alla soglia dei quaranta. Luca è arrivato e ha sconvolto le nostre vite, in tutti i sensi!
Non tornerei mai indietro ma, certo, è davvero difficile andare avanti. E Luca è un bambino bellissimo, affettuoso, estroso e vivace, troppo vivace forse...o solo troppo testardo! Comunque lo amiamo e adoriamo, ci tiene in pugno! Per quanto maturi non siamo forse i genitori più sicuri e adeguati perché certi suoi atteggiamenti che ci fanno impazzire sono senz'altro in parte frutto dei nostri.
Ora ha quasi 5 anni e ancora pretende di giocare sempre con noi, di avere la nostra continua e assoluta attenzione, di venire sempre e comunque prima di tutto e tutti. E allora ecco che la mia insofferenza viene fuori.
Se non amavo giocare coi bambini degli altri, non è cambiato molto ora che ne ho uno mio. Non amo giocare, non amo recitare, non amo i parchi, le feste per bambini, i compleanni, i ritrovi tra genitori, le riunioni dei piccoli vandali in casa mia! E faccio tutto ciò che ho appena citato, fatta eccezione per i rapporti con gli altri genitori (vedi "genitori dei compagnetti") che proprio mi danno l'orticaria e per i quali la delega va a Marco integralmente.
Ma a Luca non nego niente, mi pare, anche se sempre più cerco di chiedergli spazio, quasi lo imploro perché mi lasci respirare, che poi vorrebbe dire leggere un libro o magari solo mettere in ordine le mie cose in pace, depilarmi, fare un bagno...
Marco gioca con lui, è un bambino come lui quando si tratta di rotolarsi sul divano o usare la costruzioni; lo porta al parco, alle feste, ovunque ci sia l'opportunità di farlo divertire. Ma anche lui è stanco e vedere me così stremata e stressata non aiuta.
Non so fino a che punto Luca si accorga di quanto giocare con lui mi costi, forse abbastanza, forse per questo pretende sempre di più da me, forse per questo sente l'esigenza di assicurarsi la mia attenzione in ogni momento. Ma certo ricorderà che giocavo con lui quando sarà grande, perché lo faccio, anche se non vorrei...
E magari gli racconterò tutto questo un giorno, gli spiegherò.  Perché lo amo, infinitamente, anche se non amo giocare con lui. E gli spiegherò anche che le mamme sono donne come tutte le altre, che non tutte le donne vogliono essere mamme e che anche quelle che lo vogliono non necessariamente devono desiderare di passare il tempo al parco col proprio figlio! L'amore è un'altra cosa. E' anche giocare con lui senza averne voglia e senza trarne piacere, è anche sapere che se sono una mamma poco entusiasta ora, sarò una mamma presente e attenta e accogliente poi, quando ne avrà più bisogno.
E oggi speriamo non mi chieda di giocare, meglio leggere un libro...

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