Scrivere, vivere, vivacchiare...

Tanto non credo che queste pagine saranno lette da qualcuno, non ho detto a nessuno di questo blog, non intendo farlo. E i miei amici e familiari non sono appassionati del web, di sicuro non vanno oltre facebook, per cui non dovrebbe capitare che si imbattano per errore in questo spazio tutto mio.
E' il motivo per cui non c'è alcun collegamento tra questo blog e la mia pagina facebook, perché sono due cose diverse, perché una cosa è far circolare notizie o foto o brevi impressioni, o ancora ritrovare amici e vecchie conoscenze che altrimenti non sentirei più, altro è scrivere davvero di me, concedermi uno spazio per raccontarmi, che qualcuno legga o meno quel che scrivo.
Invece di scrivere su carta che poi resta in giro, in balia delle attenzioni, seppur molto discrete, di chi vive con me o circola per vari motivi in casa mia, meglio affidarsi a questo luogo astratto e potenzialmente lontano.
E' una vita che scrivo e anche una vita che poi butto via quelle pagine perché dopo qualche anno me ne vergogno e le disconosco!


Ma questo non è un diario, non è un reportage di tutto quel che accade (o non accade proprio!) nella mia vita, come quello che tenevo nascosto sotto pile di maglioni nell'armadio perché i miei non potessero scovarlo. Anche quello era una fuga, una valvola di sfogo, a volte persino l'ambizioso tentativo di fissare per sempre su carta gli avvenimenti che allora ritenevo importanti, le persone, le frasi dette, quelle che avrei voluto dire e quelle che avrei preferito non sentire.
Scrivere funziona davvero se vuoi fissare nella memoria delle frasi, dei concetti, come quando studiavo e, con gran stupore di qualcun altro che non riconosceva il metodo come valido, scrivevo sunti o tempestavo di titoletti e note i miei libri di testo.
Scrivere mi aiutava a ricordare ma soprattutto mi rilassava, mi permetteva di svolgere un'attività odiosa senza subirne l'ansia.
Non ho mai avuto particolari difficoltà nello studio, posto che mi mettessi a studiare! Ho sempre odiato farlo però! E ancora di più ho odiato gli esami, il dovermi sottoporre di persona, tutta intera e indifesa, al giudizio (di solito non impietoso) di professori che non hanno mai rappresentato per me degli esempi da seguire, né delle fonti di ispirazione.
Sarà che sono una cinica nata però per me la scuola, l'università, lo studio in generale, sono stati solo un percorso minimo obbligato per poter arrivare alla mia indipendenza economica, per poter trovare un lavoro.
La passione per la lettura si è sempre tenuta lontana e separata da quell'attività noiosa e nozionistica, anche quando le materie trattate erano quelle più interessanti per me. Perché leggere per piacere è ben diverso dal dover leggere troppe volte lo stesso periodo per fissare un concetto nella mente che, intanto, cerca di fuggire via e vaga disperata alla ricerca di una qualunque cosa che le consenta di indugiare, di rilassarsi, di darsi a pensieri più piacevoli.
Ero come tanti, ero nella media, ero di quelli che "meno si fa per raggiungere l'obiettivo della sufficienza e meglio è". Poi spesso finiva che mi beccavo il massimo, visto che ero talmente ansiosa da non accorgermi che facevo la perfezionista, magari ritardando mostruosamente sui tempi standard del percorso di studi.
Ero e sono una contraddizione, una che si divide tra l'intenzione di fare il meno possibile e l'istinto  irresistibile di fare più di quanto sarebbe necessario. Il risultato è alquanto altalenante e, anche se non di rado soddisfacente, lascia spesso in bocca il sapore di qualcosa di mancato.
La costanza, è questo che mi manca, lo dicevano anche i professori alle scuole medie e poi alle superiori, durante quei colloqui fotocopia in cui mamma si sentiva ripetere "ha molte potenzialità ma non si applica" "quando si applica ottiene ottimi risultati ma non c'è continuità".
E che palle la costanza e la continuità. Già sono abbastanza ordinaria, mi accontento di una vita semplice, faccio spesso il meglio che posso, e mi si pretende anche la continuità!
Sarà per questo che odio prendere impegni, odio tutto ciò che richiede appuntamenti a cadenze regolari, giorni della settimana con attività prestabilite e programmate da gennaio fino a dicembre, operatori che telefonano per ricordarti che hai un appuntamento o che cercano di persuaderti a non abbandonare un certo percorso.
Ecco perché non faccio sport, non vado dall'estetista, non vado dal parrucchiere (salvo rare eccezioni), non vado da un terapeuta... no, veramente dal terapeuta ci vado, anche se disdico e rinvio molto spesso! Credo di avere il primato degli appuntamenti saltati, e senza avvertire prima, dal dentista, anzi, è uno dei motivi per cui lo cambio spesso, visto che a un certo punto non ho più il coraggio di farmi viva, tanto sono in imbarazzo!
Io sogno una vita senza "impegni" anche se "impegnata". Ho detto la cazzata delle 19.30! Eppure è proprio quel che ho in mente. Una vita in cui l'impegno per le cose in cui credo o che semplicemente reputo giuste e apprezzabili, non debba coincidere per forza con un calendario fitto di appuntamenti, trappole, routine noiosissime!
E un altro giorno magari cercherò di spiegare cosa intendo per vita impegnata e per cose giuste e apprezzabili, un'altra volta però, adesso mi fermo che sono certa di aver scantonato e perso completamente il filo del discorso.
Di cosa parlavo? Ah! si, del mio bisogno di scrivere.
Amo scrivere, quindi continuerò a farlo, per me prima di tutto.
E magari un giorno confesserò a mio figlio che esiste questo blog e gli lascerò scoprire chi è la sua mamma, quanto è o era depressa e confusa ma anche quanto è o era curiosa e convinta che valga la pena provare a essere ciò che si desidera, oltre a ciò che si è.
Speriamo non rimanga deluso...

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